RESPIRO – I guardiani giganti della Linea Gustav

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Quando si parla di Linea Gustav facilmente ci si riduce a quella che fu probabilmente lo scenario di una delle battaglie più cruente della Seconda Guerra Mondiale: Montecassino. Ma la storia reale spesso prende forme e strade diverse da quella scritta ed alcuni meandri del nostro territorio assumono ruoli cardine in una scacchiera mostruosa ed imprevedibile: la guerra.

Spesso si associano ai luoghi oggetto degli eventi bellici immagini tristi e campi devastati, o macerie di piccoli borghi e resti di artiglieria abbandonata. Ma non sempre è così! Dall’antichità le asperità offerte dalle montagne o dai colli sopraelevati della nostra terra sono state la conditio sine qua non per garantire la sicurezza delle città.Non hanno fatto eccezione i tedeschi che durante la loro invasione hanno scelto come avamposti le nostre montagne più belle rendendole monumenti storici ma anche silenti spettatrici delle atroci battaglie.

Da sud a nord

Dalla foce del fiume Garigliano, attraversando i territori dell’alto campano sin ad arrivare alle nostre terre sono moltissime le vette che strategicamente osservano la valle. Le mie origini, in parte campane, mi hanno dato la possibilità di creare legami forti con tutta l’area che è stata oggetto di quella linea difensiva creata dai tedeschi: la linea Gustav.

Con l’inverno alle spalle, dopo le scorribande scialpinistiche sulle alte montagne del Meta alla ricerca di quelle linee perfette che mettono freno agli animi avventurieri, rinforco la mia bici da strada. L’allenamento frutto delle diverse ascese montane mi fa stare in agio anche in sella. Le temperature ancora “fresche” mi fanno prendere la strada per il mare. L’asfalto scorre sotto le ruote, il poco traffico di una domenica mattina assopita in quella nebbia che caratterizza la nostra valle non impensierisce più di tanto. Mi accompagna in alcuni momenti il rumore della ruota libera della mia bicicletta. Incrocio altri ciclisti che accennano un saluto a cui sorridendo ricambio. Passato San Giorgio, raggiungo in tranquillità il valico di Sant’Antonio Abbate, Ausonia.

Il sole, il mare e….le montagne

Il sole svetta dalle montagne e la nebbia si dissolve, una lunga discesa e le dolci pendenze mi accompagnano fin sul lungo mare di Scauri. Gli Aurunci sulla mia destra, con a capo Monte Petrella e a seguire il Redentore, si stagliano nell’azzurro del cielo. Di fronte una tavola dal movimento impercettibile: il mare. Il sole che ci si specchia lo rende d’oro e d’argento. Alcuni Gabbiani ne scrutano la superficie ed alcuni pescatori con lo stesso intento lanciano le proprie esche.

Un breve saluto, il tempo di recuperare lo iodio di cui noi cassinati ne siamo carenti, socchiudo gli occhi e lascio andare il mio pensiero. Le gambe girano, il lockdown ha cambiato in me la percezione di ciò che vivo e ciò che faccio. Assaporo la libertà, la chiave del forziere dove è racchiusa tutta la mia vitalità. Raggiungo la foce del fiume Garigliano e percorro il lungo rettilineo fino ad arrivare addosso alle montagne. Mi infilo tra esse e superato Suio, salgo verso un piccolo agglomerato di case, un piccolo borgo: San Carlo. Un fantastico panorama rende piacevole lo sforzo, nonostante la salita non accenna mollare. Il golfo di Gaeta, il litorale domizio e le isole. Il grande fiume marca i confini tra le regioni Campania e Lazio. Scorro le pendici del vulcano di Roccamonfina per poi seguire dopo Galluccio quelle di Monte Camino.

I guardiani giganti.

Anche se la cartografia non indica vette particolarmente alte, le montagne sono lì a guardia del mondo che nei tempi scrutano il “fare” umano. Il Primo guardiano è monte la “defensa”, uno spartiacque che come prua di una nave rompe e controlla la piana di Mortola. Ad esso collegato scorrendo la strada di Galluccio è Monte Camino, terra di briganti. La vista dalla sua cima è strepitosa. Un avamposto tra la valle del Liri /Garigliano e quella attraversata dalla via Casilina. La strada poco trafficata e bene asfaltata in leggera discesa mi fa attraversare velocemente alcune frazioni: Campo e Caspoli. Sono a Mignano, il tempo di ammirare il castello medioevale, attraverso la “ferrovia” imboccando la Casilina, e sullo sfondo Monte Lungo col suo sacrario. Sulla mia destra, il maestoso Monte Cesima.

Uno scenario pericoloso

Tra San Pietro Infine con le sue rovine del vecchio paese e San Vittore un altro guardiano impervio e “puntuto” mi osserva: Monte Sambucaro o Sammucro. A dividermi dagli amici molisani Monte Maio, poi Monte Aquilone. La strada segue dritta e alcune “gobbe” mi coprono alla vista il Sacro Monte con alle sue spalle il tranquillo Monte Cairo, Monte Porchio e Monte Trocchio.

“Butto giù” alcuni rapporti, salgo sui pedali ed è alle spalle anche l’ultima contropendenza. La stanchezza si fa sentire ma il “drittone” non lascia spazio a deviazioni e la mia Cassino che becco al risveglio, sbadiglia e nel tepore cittadino mi accoglie. Ripercorro dentro la mia testa il tragitto fatto, immagino le condizioni che hanno trovato i soldati in quei dannati giorni noti. Riguardando il tragitto sul mio GPS mi rendo conto di aver attraversato e percorso uno degli scenari più pericolosi della seconda guerra mondiale in poche ore.

L’ultimo sguardo

Già in poche ore…Proprio il tempo è ciò che si interruppe in quei infiniti momenti. Pochi chilometri che fermarono in quegli anni il tempo, si fermò tutto, anche le stagioni, anche il sole smise di splendere. Fu solo inverno con la neve ed il fango. Ed i giganti a guardia del tempo scrissero la storia dei tanti giovani che ignari li affrontarono. A loro è rimasto il dono del loro ultimo sguardo.

RESPIRO, bevo un po’ d’acqua, riattacco i pedali giungo a casa, abbraccio forte i miei piccoli, il sole splende e la valle mi appare di mille colori: è primavera.

Sergio Giannitelli

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